Scusi, ho il gatto che si scolora, me lo cambia?

w_silvestro160Volevo un gatto nero, nero, nero
ho il gatto che si scolora
e con te non gioco più!

Chi poteva avere il gatto che si scolora? Ma io, ovviamente!
Sarà il sole, sarà la muta, ma il mio gatto Silvestro stinge come le canottiere da quattro soldi comprate al mercato che da nere diventano marroni.
Il dannato felino oltre ad essere poco incline alle affettuosità, rachitico e portatore naturale di sfiga (a se stesso e alla sua padrone) pian piano da nero sta diventando marrone. Una vera disgrazia per un gatto che si chiama Silvestro, in onore del mitico micio-cartoon.
Ma proprio a me doveva capitare l’animale fallato? Oltretutto perde un sacco di pelo…sui miei vestiti neri.

Ufficio oggetti smarriti: idiozia à gogo

Spesso ti capita di vedere le stesse cose per anni e di abituarti a vederle. Se spariscono non ti accorgi subito che non ci sono più. Tu continui a vederle perché i tuoi occhi e soprattutto la tua mente registrano e archiviano.
Diverso se vedi qualcosa di strano per la prima volta. Ci passi accanto a notte fonda, stanco morto, mentre pensi – tra due minuti sono a casa -. In queste condizioni non sei mentalmente pronto e preparato per notare…quest’auto che da mesi è abbandonata a se stessa.
La prima volta che l’ho vista, la ricordo coperta da un leggero nevischio.
Una sera ho preso paura. Da lontano complice la mia miopia e un lampione spento, mi sembrava che una persona fosse accasciata sul cofano. Ma che caspita è! – ho esclamato. Avvicinandomi ho scoperto che si trattava di una pila di sacchi dell’immondizia, disposti in maniera alquanto bizzarra.
 
autopattumieraNon mi sono mai abituata a quell’immagine e ogni sera che ci passavo accanto trasalivo, salvo poi ricordarmi che si trattava d’immondizia. L’immondizia ha sostato lì per parecchio tempo, crollando poi e riversando il fetido contenuto nelle vicinanze. I giorni seguenti i sacchetti sono spariti.
Di chi sarà quest’auto? Perché non la spostano e ci appoggiano i sacchetti sopra? Il veicolo non sembra in cattive condizioni, non ho notato particolari danni alla carrozzeria.
La cosa strana è che l’auto sosta accanto a un’abitazione che parrebbe, dico parrebbe, abitata.

La cosa ancor più stramba è che mi sia fatta convincere da mio moroso a scattare una foto e abbia scritto un post sull’argomento.

Ho decisamente raschiato il fondo, gente.

Va’…ma va’ va’!

Da Corriere Magazine del 12.04.07 – Intervista a Susanna Tamaro

Scrivere su commissione? No, ho una creatività ribelle.
Sensibile ai problemi ambientali, grande amante della natura e degli animali, Susanna Tamaro, 49 anni, vive in un casale nel cuore dell’Umbria, in provincia di Orvieto, dove ama dedicarsi all’orto, ai suoi animali, a conserve e marmellate che prepara personalmente. A differenze di molti suoi colleghi, infatti la scrittrice triestina non scrive sempre e rigorosamente ogni giorno, ma solo quando sta lavorando a un libro, «altrimenti posso stare anche due anni senza sedermi a tavolino», confessa.

Premesso che io non ho mai letto un libro della sig.ra Tamaro, per una naturale antipatia verso la di lei persona e più generalmente per la letteratura italiana, quest’intervista mi ha fatto andare fuori dai gangheri. Intendiamoci, è tutta invidia. Sono invidiosa del fatto che faccia la scrittrice, che Va’ dove ti porta il cuore abbia venduto 13 milioni di copie e che lei possa permettersi di vivere in un casale in Umbria. Praticamente la vita che vorrei fare io.

Oh divinità celeste che dimori tra le nuvole e l’aere, hai sbagliato persona.
Sono sensibile ai problemi ambientali: chiudo sempre l’acqua mentre mi spazzolo i denti.
Io amo la natura: non saccheggio flora e fauna nei boschi.
Io amo gli animali: ho due gatti, un cane e un criceto (oltre a rane, ratti e passerotti).
Io vorrei vivere isolata da tutti e da tutto in un casale (in Umbria, ma pure in Toscana).
Mi piace il profumo delle piante di pomodoro nell’orto.
Amo le marmellate (mangiarle più che altro).

E allora, cara divinità celeste, perché lei è lì ed io sono qui?

Shock

Lo scempio è avvenuto sotto i miei occhi. Un delitto di un’efferatezza micidiale.
L’arma? Ho voglia di te di quel #òç§@£ di Moccia.

Mamma e figlia entrano in libreria.
Si guardano attorno, poi chiedono al commesso decrepito.

Scusi, cercavamo un libro. Si chiama “Ho voglia di te”, ma non conosciamo il nome dell’autore.
Un attimo, controllo nel computer…

Giunge un arzilla commessa, che sentita la richiesta si precipita in aiuto del collega incartapecorito, che non capisce nulla, ma sa usare il computer. Stranezze tecnologiche.
Poteva dire – no, non ce l’abbiamo – figurarsi. Afferra una copia della tremenda lordura, nonché stramaledetto spreco di carta e lo porge alla scellerata mamma che, povera stupida, gioisce nell’accontentare la figlia. D’altronde l’ultimo libro preso in mano dall’adolescente era Impara con Pimpa le lettere dell’alfabeto.

Lo so, lo so. È l’ennesima volta che parlo dell’odiatissimo Moccia, ma non riesco a farne a meno. Sopportatemi.
Ieri all’entrata della libreria ho trovato una catasta di libri dell’imbrattacarte. Accanto una copia del libro ingrandita girava come un pollo arrosto su di un piedistallo (vedi Intimissimi, tanto per capirci). Sono sbiancata e ho iniziato ad ansimare. Brividi mi percorrevano la schiena. Ho raggiunto gli scrittori russi. Attraverso le pagine di carta sentivo i loro corpi che si rivoltavano nella tomba, per protesta contro Moccia.
Un attimo dopo la pietosa scenetta dell’acquisto a cui ho dovuto assistere.
Una disgrazia dietro l’altra.
Mentre mi aggrappavo agli scafali per non svenire strattonavo mio moroso e lo supplicavo di far qualcosa. Ti prego, ti prego – sibilavo – fai qualcosa. Sta corrompendo le menti giovanili e tutte le future generazioni. I genitori non capiscono più nulla. Dovrebbero educare i propri figli, invece li assecondano e magari leggono pure loro quei…quei…li…libr… -.
Non sono riuscita a terminare la frase. Mi sono ammosciata come un palloncino. Mio moroso mi ha trascinato per i piedi fuori dalla libreria e per farmi riprendere i sensi mi ha passato sotto il naso Cuore di cane di Bulgakov.

Utopie

Benvenuti a Pisolandia, dove il sonno è realtà.
Un paese dove tutti dormono. Puoi dormire dodici, sedici, diciotto ore o, se preferisci, l’intera giornata. Se sei molto stanco ti consigliamo il pacchetto dormi con noi tre giorni di seguito e se ti senti fiacco come non mai, ecco quello che fa per te: sette giorni di autentico riposo, senza interruzioni.
Qui a Pisolandia, la nostra filosofia di vita è dormire. Qui non esistono sveglie, finestre che si spalancano, sole che sorge, orari da rispettare. Qui se per caso ti svegli, puoi benissimo girarti dall’altra parte e tornare tranquillamente a dormire. Noi amiamo il sonno. Non si tratta di allodole o gufi. Qui siamo tutti ghiri. Poche altre cose c’interessano. La pennichella post pranzo, il sonnellino nella vasca da bagno e prima fra tutte, la siesta dopo aver fatto l’amore.
Un solo divieto è presente qui da noi: non svegliare il dormiente. I nostri sonni non sono mai agitati. Da noi veramente ci si riposa. Si dorme profondamente.
Senti come sono rilassata e ben predisposta nei confronti del prossimo? Tutto merito del sonno placido e beato nel quale scivolo ogni qual volta mi pare. Quando le palpebre si fanno pesanti, io non faccio altro che coricarmi. Per comodità indosso un pigiama e i miei denti sono perennemente lindi. È un pigiama fatto di un cotone morbidissimo, d’altronde qui tutto è predisposto affinché tu possa riposare al meglio. Soffici guanciali, materassi della giusta consistenza, calde coperte, fresche lenzuola.
Di’ la verità, non vedi l’ora di venire qui a Pisolandia. Siamo pronti ad accogliere anche le persone più stressate.
I genitori destati dai vagiti notturni dell’infante.
Le coppie che, accusato un calo sessuale, si rigirano nel letto senza trovar pace.
Il pubblicitario che terminata a notte fonda la presentazione rinuncia a dormire.
L’uomo qualunque che professa di dormire tre ore per notte.
Il fruttivendolo che alle tre del mattino si reca ai mercati generali, interrompendo così il sonno ristoratore.
Lo studente che studia di notte, dorme di giorno.
La spogliarellista che si agita a notte fonda.
Noi di Pisolandia, siamo qui per te. Pensa, la nostra bontà di spirito ci porta ad offrirti un benefico soggiorno nel nostro angolo di paradiso (a breve la piena certificazione).
Una volta provato, vorrai tornarci nuovamente fino a desiderare ardentemente di stabilirti in questa oasi di pace.

Di cosa viviamo? Di sogni, è ovvio.

Post FuoriSalone

Come anticipato, ieri sono andata al FuoriSalone. Sono alquanto distrutta e pure le mie facoltà mentali non sono al top, ma tenterò di scrivere qualcosa che abbia un minimo senso logico.
Dicevo…ah si. Pare impossibile, ma ogni volta che devo andare da qualche parte, manco sempre di un soffio un incidente. Vedi quello di ieri sull’A4 e innumerevoli altre volte.
Sono arrivata a Milano con un notevole ritardo, le ore buone della mattina che impienano (riempiono) la manina erano già volate. Oltretutto c’era un casino pazzesco – sarà che c’è sempre, sarà che era venerdì – e io ho rimpianto la tranquilla domenica dell’anno scorso, giorno optato per il FuoriSalone.
Parto alla volta di zona Tortona e sono già stanca. Male, molto male. Sei hai una giornata da massacro che ti aspetta, non puoi permetterti di sentirti fiacca fin dall’inizio. Complice il caldo, l’errata scelta del vestiario e questa spossatezza che mi insegue da inizio primavera, mi sono trascinata per allestimenti, padiglioni e strade per l’intera giornata.
Tipica giornata in cui mi tasto le spalle, guardo il mio riflesso sulle vetrine e mi chiedo:”Non avrò mica la morte sulle spalle proprio oggi?”. Sì, perché qualche volta mi pare di avere un corvaccio nero e puzzolente che mi sovrasta e che pesa minimo un quintale.
Verso le tre del pomeriggio ho iniziato a inciampare, ad urtare persone ed oggetti, a non capire più che diamine stavo facendo. Ho provato ad iniettarmi del caffè direttamente in vena, ma niente da fare. Ormai ero andata. Ho snobbato alcuni stand, solo perché c’erano delle scale da fare. Non è da me. Vi assicuro che non è da me. L’anno scorso ho camminato molto di più, visto più cose e alle nove di sera era ancora piena di energie. Sarà che la prima volta é sempre la prima volta? Che tutto ti pare nuovo e hai l’entusiasmo del piccolo esploratore? Boh, chissà.
Sono stata comunque contenta di quello che ho visto, anche se vagavo in un simil-stato-catatonico. Alla Triennale ho trovato pure degli artisti che spiegavano le loro opere e questo mi ha garbato parecchio. Perché gli artisti sono uomini così affascinanti da perderci la testa?

E ora una pubblica denuncia: maledetta Danone che davi in omaggio ai passanti le bottigliette dell’Essensis, non hai pensato allo smaltimento delle suddette? Erano dappertutto. In fila ordinata sui davanzali delle finestre, in pila sui pochi cestini presenti, agli angoli dei marciapiedi.
Colpa anche della gente incivile, ma santa pace, che lerciume!

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Terrore e raccapriccio

Cari amici,
un caloroso benvenuto da Reteuropa immobiliare!
Sono qui per presentarvi il progetto “mare domani”!
“Mare domani” è un complesso abitativo che sorgerà sulle colline di Sant’Arcangelo di Romagna a 7 km dal mare.
Ma attenzione! Questa zona sarà raggiunta in circa 15 anni dalle acque del mare Adriatico e questo grazie al futuro innalzamento delle acque!
La vostra casa in collina si trasformerà in una bellissima casa sulla spiaggia!
Non aspettate! Chiamate adesso!

COSA?! Aiuto! Magari voi ve ne sarete già accorti, ma ieri, guardando una registrazione di ItaloFrancese, il programma di Fabio Volo in onda su Mtv, mi è passata sotto gli occhi questa immonda pubblicità. All’inizio pensavo si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto. D’altronde, si vedeva lontano un miglio che l’ometto che declamava a gran voce l’annuncio portava un parrucchino da quattro soldi. Aspettavo che prima o poi qualcuno mi rassicurasse spiegando che la réclame era una terribile presa per i fondelli e che non si scherza con l’innalzamento delle acque, problema che tiene banco un po’ dappertutto. Non so se vendano effettivamente quello che dicono, molto probabilmente si tratta di una truffa, comunque anche se fosse, lucrare su un disastro ecologico mi fa venire la pelle d’oca.
Date queste premesse, un’agenzia di viaggi potrebbe offrire un soggiorno di puro divertimento nelle zone colpite dallo Tsunami, augurandosi nuovamente un disastro di tale portata, in modo che i turisti possano fare surf da sballo.
Io spero vivamente che questa pubblicità sia stata bloccata, anche se mi chiedo perché mai sia andata in onda. Già costruiscono case dove non possono: in zone sismiche, su scogliere, ai piedi di vulcani, sulle pendici delle montagne, su terreni franabili. Occupano spiagge, distruggono foreste, espropriano campi, deturpano paesaggi naturali. Io dovrei gioire della possibilità che fra 15 anni la mia casa sarà raggiunta dalle acque del mare Adriatico? Pazzesco! E se capitasse prima e invece che raggiungermi, il mare m’inondasse la casa?
Da bellissima casa sulla spiaggia ad acquario.

ERRATA CORRIGE: Ma dai cazzo! Non è possibile! Oltre ad averne già parlato ed essere arrivata tardi, ho preso fischi per fiaschi! Si trattava di uno spot fasullo! Io ho pure riavvolto la cassetta più e più volte, in modo da trascrivermi il testo. Non sarò mai una blogger aggiornata, sarò sempre sulla CROSTA dell’onda.
Colpa della connessione che non ho, di Mtv che a casa mia non prende, del fatto che sono obbligata a far registrare a qualcun altro i programmi e del mio proverbiale ritardo nel rivedere le cassette.
Che figuraccia! Comunque il post lo pubblico lo stesso in nome dello sforzo profuso e dell’imbecillità che da queste parti regna sovrana.

Vi prego, ditemi che mi volete ancora bene.

Il vicino che non vorresti avere vicino

Questa è l’Italia, non l’America, grazie.

Prassi vuole che se abiti in una casa singola, tu debba avere una siepe che preservi la tua privacy da sguardi indiscreti. Non si tratta più di tanto di paranoia, quanto di regole di civile convivenza.
Una siepe di Grategus circonda la mia casa. Trattasi di arbusto pungente che ha causato la foratura di piscine gonfiabili, palloni Supertele e della mia carne viva, quando andavo a schiantarmi. Si poteva piantare un altro tipo di siepe? Certo che sì, ma qui si è optato per la siepe più bastarda in circolazione.
Detto questo è comunque indispensabile, ultimata la costruzione della dimora, piantare la siepe. Guai ad esimersi da tale indispensabile compito.
Ieri per l’intera giornata una soave melodia accompagnava il canto degli uccellini: il rumore assordante di tre motoseghe! A fine giornata la siepe dell’amabile vicina, quella accanto, proprio cheek to cheek, con la quale non ci si scambia neppure un saluto di cortesia, era sparita. I rami giacevano a terra, le foglie sparse qua e là, la rete che separa le rispettive case sfoggiava la sua tremenda bruttura. Oh Gesù, aiutaci tu! – ho esclamato! Con gli occhi fuori dalle orbite, ho osservato il terribile sfacelo. Una siepe che aveva quasi vent’anni di vita. Veramente una bella siepe dal fogliame folto, che cresciuta in altezza celava e divideva. Un tipo d’arbusto che, tra l’altro, non aveva spine acuminate, non sporcava e più cresceva, più mi piaceva.
L’assordante motosega ha distrutto quasi vent’anni di siepe in poche ore. Vi rendete conto?
Ora scorgo, attraverso i fori della rete, tre case più in là. Oltretutto gli ometti che ieri si dilettavano nel distruggere la natura hanno pure segato per metà il bel manto d’edera che ricopriva il muretto accanto al mio ingresso. Eh signori, così non va! La siepe doveva rimanere lì, dov’era. A far ombra d’estate, a ingiallire d’autunno, a gelare d’inverno, a inverdire in primavera.

Che tristezza.

Fuorisalone

Fuorisalone
Un solo evento risolleva il mio umore malconcio: il Fuorisalone.
Apre le porte a Milano da mercoledì 18 a lunedì 23, il 46° Salone internazionale del Mobile.
Come l’anno scorso snobberò il salone ufficiale in fiera, privilegiando la città e in particolare zona Tortona. È qui, infatti, che si concentra il maggior numero di presentazioni, mostre e allestimenti. Quest’anno mi concentrerò proprio su questa zona, evitando di saltare da una parte all’altra della città come ho fatto l’anno scorso. È nel mio stile voler vedere tutto, ma proprio tutto e lo scorso aprile ho passato in rassegna talmente tante cose e con una tale velocità, che a fine giornata oltre a essere distrutta fisicamente, non mi pareva di aver visto niente. Poi, riflettendo e riguardando cartoline, depliant e foto, mi sono resa conto di aver visto una miriade di cose. Una vera scorpacciata di vita per una come me, che al pensiero di andare a una mostra a notte fonda va in visibilio (altro che discoteche).

Tenterò ora di darvi qualche consiglio per gustarvi appieno il Fuorisalone.
1) Innanzitutto l’abbigliamento: comodo per l’amor di dio. Preparatevi a macinare chilometri e chilometri. Se siete amanti del design, appena viste le prime cose, i vostri piedi si animeranno, rivelando una vita propria. Anche loro vorranno calpestare ogni centimetro quadrato possibile per non perdersi niente. Scarpe comode quindi, addirittura sfondate.
2) Occhio al tempo. L’anno scorso scendeva un’odiosa pioggerellina. Il cielo plumbeo faceva di Milano la città dei sogni. Entrando e uscendo, di qua e di là, pareva assurdo continuare ad aprire e richiudere l’ombrello, così ho detto – amen, mi bagnerò -. A fine giornata parevo il gatto straccione, non dico altro. Le previsioni del tempo paiono benevole quest’anno. Speriamo…
3) Pianificate bene il vostro tour. L’anno scorso si trovavano in giro per la città delle simpatiche guide offerte dalle riviste Abitare e Interni. Ricordate: saranno la vostra bibbia. Non essendo di Milano, io sono riuscita ad orientarmi bene grazie a queste guide.
4) Vettovaglie. In occasione di concerti, manifestazioni, gitarelle, io preparo sempre i panini. Succulenti panini. Fa tanto asilo, lo so, ma se volete risparmiare tempo e denaro, non c’è di meglio che portare via i panetti.
5) Arraffate. Cartoline, cataloghi, depliant, brochure e soprattutto, parlo alle lettrici, le borsine di tela, vero oggetto cult. Io l’anno scorso sono riuscita a portarne a casa solamente una, peraltro bruttina. Come cani da tartufo impegnatevi nella ricerca.
6) Imperativo categorico: non fermatevi. Non sedetevi, non sostate, non riposatevi. Lo farete in un’altra vita perché non c’è tempo. Vi assicuro che se perderete qualcosa, (che sicuramente qualcuno vi ricorderà) non ve lo perdonerete per il resto della vita.

Io ci vado venerdì, ovviamente seguirà dettagliato resoconto.

Link utili (per la prima volta il mio blog assume una parvenza di serietà):

Zona Tortona
Fuorisalone

E se vi va:

Triennale
Klee e Kandinsky
Camera con vista. Arte e interni in Italia 1900-2000

Maledetta primavera

Odio la primavera. Questa stagione porta troppo scompiglio, a livello fisico e mentale. Pensate che bastarda la vita: prima c’è l’inverno e poi la primavera. Un attimo prima sei sotto il piumone, giri con il cappotto, le giornate sono corte poi, come se la luce del mattino ti ferisse gli occhi, è primavera. Le giornate si allungano, le maglietta si accorciano, i fiori sbocciano.
Sebbene l’inverno quest’anno sia stato particolarmente mite, io non riesco ad abituarmi a questa maledetta primavera. Il mio corpo non regge. Spossatezza è la parola giusta. Mi trascino stancamente per le strade, sospirando ad ogni passo. Pare quasi una malattia questa primavera. Fin da piccola devo imbottirmi di vitamine e pappa reale per affrontare questa specie di tir che ogni anno puntualmente m’investe. Oltretutto ho una fame atavica che mi porta a divorare qualsiasi cosa, proprio adesso che devo smaltire i chili dell’inverno. Dormire e mangiare, questo vorrei fare. Tra l’altro sono stanca. Stanca di tutto. Insoddisfatta. Vorrei prendere quattro stracci e andare via. Qualcuno di voi sta per partire? Dove andate? Sono già lì, con la valigia in mano (e se andate nell’emisfero opposto al nostro, sono più che contenta).