Post FuoriSalone

Come anticipato, ieri sono andata al FuoriSalone. Sono alquanto distrutta e pure le mie facoltà mentali non sono al top, ma tenterò di scrivere qualcosa che abbia un minimo senso logico.
Dicevo…ah si. Pare impossibile, ma ogni volta che devo andare da qualche parte, manco sempre di un soffio un incidente. Vedi quello di ieri sull’A4 e innumerevoli altre volte.
Sono arrivata a Milano con un notevole ritardo, le ore buone della mattina che impienano (riempiono) la manina erano già volate. Oltretutto c’era un casino pazzesco – sarà che c’è sempre, sarà che era venerdì – e io ho rimpianto la tranquilla domenica dell’anno scorso, giorno optato per il FuoriSalone.
Parto alla volta di zona Tortona e sono già stanca. Male, molto male. Sei hai una giornata da massacro che ti aspetta, non puoi permetterti di sentirti fiacca fin dall’inizio. Complice il caldo, l’errata scelta del vestiario e questa spossatezza che mi insegue da inizio primavera, mi sono trascinata per allestimenti, padiglioni e strade per l’intera giornata.
Tipica giornata in cui mi tasto le spalle, guardo il mio riflesso sulle vetrine e mi chiedo:”Non avrò mica la morte sulle spalle proprio oggi?”. Sì, perché qualche volta mi pare di avere un corvaccio nero e puzzolente che mi sovrasta e che pesa minimo un quintale.
Verso le tre del pomeriggio ho iniziato a inciampare, ad urtare persone ed oggetti, a non capire più che diamine stavo facendo. Ho provato ad iniettarmi del caffè direttamente in vena, ma niente da fare. Ormai ero andata. Ho snobbato alcuni stand, solo perché c’erano delle scale da fare. Non è da me. Vi assicuro che non è da me. L’anno scorso ho camminato molto di più, visto più cose e alle nove di sera era ancora piena di energie. Sarà che la prima volta é sempre la prima volta? Che tutto ti pare nuovo e hai l’entusiasmo del piccolo esploratore? Boh, chissà.
Sono stata comunque contenta di quello che ho visto, anche se vagavo in un simil-stato-catatonico. Alla Triennale ho trovato pure degli artisti che spiegavano le loro opere e questo mi ha garbato parecchio. Perché gli artisti sono uomini così affascinanti da perderci la testa?

E ora una pubblica denuncia: maledetta Danone che davi in omaggio ai passanti le bottigliette dell’Essensis, non hai pensato allo smaltimento delle suddette? Erano dappertutto. In fila ordinata sui davanzali delle finestre, in pila sui pochi cestini presenti, agli angoli dei marciapiedi.
Colpa anche della gente incivile, ma santa pace, che lerciume!

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