Senza titolo

Pende su di me l’editto bulgaro.
Come all’epoca gli estromessi furono Luttazzi, Biagi e Santoro, ora è venuto il mio turno.
Non parlare male del matrimonio che quelli si sposano…
Non parlare male dei suoceri che quelli vanno ad abitarci vicino…
Evita le uscite infelici su quell’argomento che magari si offendono…
In pratica, non posso parlare. Prima di aprire la portiera c’è sempre un mi raccomando che mi accompagna.
Oddio! Non potrei neanche parlare di quello di cui non posso parlare!
Asp…non poss…aiut…ah…mi aspettano anni di silenzio…ah…volevo dir…no…

Sto ascoltando: Emerson Lake and Palmer

Rivoluzione cinese

Costretta a una dieta. Io. Pazzesco. Semplicemente pazzesco. Eppure, vero.
No, non voglio fare la modella e non seguo una dieta per mia volontà, ma debbo, purtroppo.
Dopo aver scoperto che sulla faccia della Terra esiste la naturopata e non aver ancora capito chi è e cosa fa, ma, nonostante ciò, essermi rivolta a lei, ora seguo una dieta.
La tipa non era una ciarlatana, ma quando mi ha detto:”Ha mai visto come sono magri i cinesi con la loro dieta a base di riso?”, mi sono venuti dei dubbi. Ho annuito pensando comunque che mangiano riso anche perché non hanno un cazzo da mangiare, comunque, per mia natura non bevo e non fumo e avevo eliminato da tempo condimenti, olio, pane, fritti, grassi, sale (tutte le cose buone, insomma). Come se non bastasse, ora mi ritrovo a bere linfa di betulla, assumere oligoelementi, mangiare riso basmati, pasta integrale, orzo, pesce e insalata come prima portata.
Una vita d’inferno, diciamolo, che assume contorni insopportabili mano a mano che i giorni passano.
L’idea della dieta ti frega sempre. Sei talmente concentrata sul fatto che non puoi mangiare quello che vuoi, che non apprezzi quello che mangi e vivi la situazione come una condanna.
Ieri sera, con la bava alla bocca, ammiravo al supermercato hamburger e hot dog inscatolati.
Amanita_muscaria2677A confronto l’Amanita muscaria è commestibile.
Visto che la cioccolata è permessa, ma solo amarissima, per curiosità, ho provato le sfoglie della Perugina 100% cacao. Letali. Ne ho mangiato un pezzettino e mi sono venute le lacrime agli occhi.
Ma veramente il cacao in purezza è così amaro?
Il bello di questa dieta è che mangiando cose talmente inodore, insapore, incolore, ti passa la fame del tutto e alla fine mangi poco niente.

Sto ascoltando: Yes – Fragile

Chi l’ha visto? La vera storia di gatto Silvestro

Chi sei tu, o navigatore, che giungi al mio blog digitando “gatto silvestro”?
Una quarantina di visite grazie a questa chiave di ricerca alla ricerca di un gatto che ho smesso di ricercare.
Il mio gatto Silvestro si è dato alla macchia preferendo una vita da barbone alla calda tranquillità casalinga.
Silvestro è stato avvistato correre nei campi vicino a casa e compiere acrobatici salti da un fosso all’altro alla ricerca di rospi e simili viscidi esseri. Si dice che abbia familiarizzato anche con alcune nutrie e che ora faccia parte di una colonia di gatti randagi.
Ognuno sceglie il proprio destino e neanche il richiamo della padrona ha convinto Silvestro a tornare sui suoi passi, o meglio sulle sue zampe.
Il vuoto è incolmabile, la rabbia tanta: aver scelto il gatto più stronzo della cucciolata è proprio sfiga.

Uno di noi

Venerdì scorso ho trovato sul treno l’esatta copia di me al maschile.
Treno affollatissimo, gente in piedi perfino sulla porta e io che facevo da prosciutto al centro di un panino umano, grazie Trenitalia!
Dicevo…il fatto scatenante è stato il seguente: un ragazzo non aveva timbrato il biglietto e il controllore senza batter ciglio gli ha chiesto prima i soldi, poi i documenti. Ne è nata una diatriba dove sono volate parole pesanti, il ragazzo si è scaldato, il controllore l’ha fatto scendere dal treno e ha chiamato la polfer.
Non ho assistito alla scena, ma tramite le testimonianze dei viaggiatori ho potuto ricostruire i fatti ed è qui che entra in scena la mia copia al maschile.
Fiero difensore dell’umanità, ha sguainato la spada, si è calato l’elmetto (come qualcuno ama dire di me quando mi lancio in certe imprese) e ha iniziato a dirne di tutti i colori: assurdo chiamare la polfer con i delinquenti che girano, inutile perdita di tempo, condizioni del treno da terzo mondo, presa di potere da folli controllori che si credono dio, Italia paese del cavolo, cittadini che subiscono e si piegano.
Il tipo era simpatico e ha strappato più di qualche sorriso al pubblico femminile.
Come in un incubo, accanto a me c’era un’amica dell’ammirato paladino in tutto e per tutto uguale a mio moroso.
Se come dice Freud ognuno di noi è un “signor Ego” suddito di due padroni, Superego ed Es, mio moroso è sicuramente un ulteriore Superego a quello che ho già.
Demolisce costantemente i miei tentativi d’insignirmi a paladina delle cause perse.
Ad esempio trovo folle che una coppia che vuole convivere venga criticato perché non si sposa, trovo stupido che la gente metta al mondo bambini seguendo una convenzione sociale, trovo assurdo che le persone non leggano, non abbiano delle passioni, vivano come amebe.
Detto questo, “l’amica” non faceva che confutare le tesi della mia copia – chiamano la polfer perché è la procedura, inutile lamentarsi tanto le cose vanno così, i giochi di potere ci sono a tutti i livelli, ecc, ecc -.
La mia copia un po’ straparlava, un po’ era partito per la tangente trascinato dal pathos che accende queste anime belle, comunque era come rivedersi in uno specchio.
Mi rendo conto che tu, Superego in carne ossa, amico di mio moroso, amico dell’amica della mia copia, ritenga eccessive e insensate queste battaglie che non portano niente, ma non si tratta di essere un piantagrane, quanto di manifestare il proprio dissenso, prender posizione, incazzarsi!
Sono scesa dal treno sorridendo. Forse, ho pensato, non sono sola.

Sto ascoltando: niente, ho l’ipod in carica.

Spacco tutto!

Sono arrabbiata, molto arrabbiata! Ieri sera sono andata giust’apposto a Padova per l’appuntamento settimanale dello Scaffale degli scrittori – L’alfabeto della contemporaneità al Teatro Ruzante. Il tema della serata era scrivere senza errori e senza orrori e gli ospiti chiamati a disquisire erano Beppe Severgnini e Luca Serianni.
Dopo aver cercato come una pazza parcheggio e aver trangugiato in tutta fretta un toast che, tra l’altro, mi è rimasto sullo stomaco, mi sono precipitata al luogo prefissato per assistere ad un dibattito di grand’interesse. Una folla mai vista si pigiava contro la porta e ingombrava gli scalini.
Ho guardato per un attimo il mio ragazzo e gli ho chiesto: ”Ti risulta che ci fosse Scamarcio questa sera?”.
Un ometto infagottato si scosta dalla porta e appare un misero foglietto con scritto: ”Tutto esaurito”.
Tutto esaurito?! Adesso, non per dire, ma l’anno scorso saremmo stati in circa 20/30 persone agl’incontri.
Possibile non ci fosse nemmeno posto in piedi? Macché, porte sbarrate e nessuna informazione.
Quand’ecco far capolino dalla porta una fanciulla che distribuisce depliant agl’infreddoliti e dice con occhi misericordiosi: ”Ci dispiace, comunque in futuro verrà Debenedetti, è un personaggio!”.
Con tutto il rispetto per Debenedetti che mi è pure simpatico, ma questa estate c’era un incontro con Debenedetti cui io ero presente, quindi almeno risparmiatemi la minestra riscaldata!
Mesta vado via, mando a quel paese tutti, straccio il programma e mi si congela il cervello.
Ieri a Padova c’erano tre gradi.

Sto ascoltando: Babyshambles – Shotter’s Nation

La solita fortuna

Scrittura-creativa2Ultimamente sto frequentando un corso di scrittura creativa e mi pare di essere finita nel reparto di geriatria dell’ospedale.
Che tristezza pensare che la scrittura sia prerogativa della vecchiaia, che uno scriva perché è vecchio e ha tempo.
La cosa più fastidiosa è che al corso c’è questa vecchia bacucca che più rimbambita non si può. Parla a vanvera, pensa di essere tornata alla elementari, ritiene la scrittura un esercizio di bella punteggiatura e non se ne fa scappare una. È insopportabile.
Non la ritengo un’esperienza fallimentare questa del corso perché rimango dell’idea che tutto nella vita serva, certo che m’immaginavo qualcosa di diverso.
Se lo teneva mia nonna all’ospizio almeno risparmiavo sull’iscrizione.

Sto ascoltando: Harry Manx – Dog my cat

Il Gatto ci ha messo lo zampino

Visto che questo è il mio blog e posso scriverci quello che mi pare, oggi ne farò un uso esclusivamente personale.
In primavera ho partecipato alla 1° edizione del concorso letterario G.A.S. al minimo – Giovani Aspiranti Scrittori al minimo nell’ambito del Fantasio Festival 2007, Superficie 8, in collaborazione con Sesta Luna. Tale concorso è stato ideato da Monny Witcher.
La partecipazione al Concorso prevedeva il versamento di un contributo per le spese di gestione di € 20, cifra che non ho mai più sborsato per un concorso letterario dato che le tasse di lettura non dovrebbero esistere ed è inutile tirare in ballo le spese di gestione (scema io, comunque).
Tralasciando questo appunto di tipo economico, dato che il mio racconto è stato scelto doveva rientrare nell’istant book del festival come da missiva ricevuta:”Il racconto verrà pubblicato nell’istant book del festival, di cui ne riceverà una copia omaggio a casa”.
Il festival si è tenuto a Perugia dal 19 al 22 Aprile e io non ho ricevuto ancora una beata fava.
Oggi è il 12 novembre.
Ho scritto due o tre mail a questi del Fantasio e non ho mai ricevuto risposta e io mi spazientisco, anzi m’incazzo quando la gente non risponde alle mail, dato che si tratta del modo più veloce per avviare una comunicazione.
Ipotizzo che i signori del Fantasio si siano volatilizzati e che in ufficio sia rimasto solamente il Gatto (ovvero la mascotte del festival, dettaglio che vi fa capire a che concorso io abbia partecipato. D’altronde la mia mediocrità non mi permette altro), che essendo di cartone non può rispondere alle mail.
Nonostante tutto, mi parevano abbastanza seri questi del Fantasio, ma non avendo riscontri alle mie richieste non posso che pensare tutto il male possibile.
Desidero segnalare che data la grande quantità di concorsi a cui ho partecipato (tutti peraltro persi, che sia meglio puntare lo sguardo verso cazzuola e zappa?), ricevo antologie, riviste, libricini.
Per dirvi, gli organizzatori del Trofeo RiLL, avranno inviato circa tremila mail per avvisare che la giura si era riunita, stavano valutando i testi, mancava poco ai risultati, i vincitori, l’invio di un antologia dei racconti, rassicurazioni sul fatto che se fosse arrivata danneggiata l’avrebbero rispedita, invito alla premiazione e poi…basta.
Questa è gente seria.

Sto ascoltando: Arctic Monkeys – Favourite worst nightmare

Come in fondo sto facendo già da un po’

S’intuisce il tuo malessere. Dal colore spento dei capelli, dalle palpebre semichiuse, da quella increspatura sulle labbra. Non sei tu, non sei più tu.
Oggi qualcuno al telefono ti ha detto che hai una voce strana, ieri ti hanno fatto notare che solo guardandoti in faccia si capisce che non stai bene.
Non puoi più nasconderti dietro la maschera che, per anni, hai faticosamente costruito.
Soffrivi ma non lo davi a vedere, la maschera ti proteggeva, ma ora sei nudo.
Non l’hai gettata, la maschera, semplicemente, è scivolata via dal tuo viso, rifiutata dalla tua persona.
L’organismo t’invia chiari segnali. Sei sballato, completamente sballato dentro e non funziona niente. Sei come una macchina che funziona al trenta per cento, che compie le elementari operazioni per tenerti in vita, il resto è in standby. Sei vivo, ma in coma.
Non pensavi che dalla testa potesse partire un simile sconvolgimento? Non sei stupido, lo sai benissimo. L’hai capito quando tutto si è trasformato in una profonda insofferenza, verso le cose, le persone. Certo, ti emozioni ancora, ma sei come risucchiato da una tremenda voragine.
Una voragine dentro di te, perché tu stesso sei la malattia. Tu.
Pochi attorno a te se ne sono accorti. Coloro che ti stanno accanto fanno finta di non vedere e continuano la loro vita, dimenticandoti come fanno da anni.
C’è chi è incapace di aiutarti anche se vorrebbe. Apprezzi i suoi tentativi frutto di compassione e pietà.
Speri che un giorno le cose cambieranno.
Speri. Aspetti. Ti spegni.

Sto ascoltando: Radiohead – In rainbows

Aio aio uhi uhi

trapanoNon c’è cosa peggiore che tornare a casa dopo una devitalizzazione al dente e sentire il fracasso del trapano che squarcia l’aria. E’ incredibilmente uguale al trapano che oggi martorizzava la mia povera bocca, sacripante!

Che tu sia maledetto!

Chi sei tu per turbare il mio sonno ristoratore? Chi sei tu che mi perseguiti dopo anni e anni? Vattene dai miei sogni!
Sto parlando di un presenza non gradita che infilatasi nella mia testa all’età di 14 anni, si nasconde in qualche recondito recesso per poi saltare fuori quando le pare. Si palesa in sogno sotto mentite spoglie. Ieri notte, per esempio, aveva la barba, ma è sempre lui, solo lui: Jacopo.
Jacopo era un mio compagno di classe alle medie e io naturalmente ero innamorata di lui.
Per tre lunghissimi anni non ho pensato che a lui, non ho visto che lui.
A quell’età una ragazzina dovrebbe perdere la testa un giorno per uno, un giorno per un altro, invece io, come adesso, amo la fedeltà.
Al tempo si trattava di una storia straziante, io stravedevo per lui, ma Jacopo manco me vedeva.
Nell’arco di tre anni era stato con le ragazzette più “sveglie” della classe e io non ero tra quelle.
Se ci penso all’epoca ero proprio una povera scema. Non faceva che prendermi in giro e si era inventato un soprannome talmente imbarazzante (aveva a che fare con i miei capelli, ma era assurdo) che mi è rimasto incollato addosso per anni.
Anche se mi prendeva in giro in continuazione, Jacopo aveva una qualità che molte giovani donne ricercano nei giovani uomo: ti faceva ridere.
Esistono delle persone con la battuta pronta, come facciano non si sa. Sembra che nulla li sfiori, ridono e fanno ridere sempre e sanno che se strappano una risata alla donna giusta, la preda è bella che catturata.
Ad ogni modo, tornando all’argomento di questo post, Jacopo qualche volta salta fuori e stanotte mi aspettava in chiesa. Era seduto sul bordo del banco, teneva tra le mani una candela accesa e attorno a lui non c’era nessuno. Aveva la barba e portava uno di quei maglioni di lana grossi che pungono da morire. A vederlo da lontano non sembrava lui, ma la luce della candela rischiarava quegl’inconfondibili occhi color verde foresta.
Gli occhi di Jacopo mi ricordavano le foreste della Norvegia, anche se lui è per metà polacco.
Avevo la possibilità di sedermi accanto a lui invece, chissà perché, mi sono seduta lontano e improvvisamente, così, dal nulla, è apparsa una moltitudine di persone che ha iniziato a prendere posto, a sparpagliarsi ovunque. Spingevano, si facevano posto a spallate, mi calpestavano, finché ho perso di vista Jacopo.

Se lo trovate in giro, per favore, ditegli di sparire dai miei sogni che di visioni notturne indecifrabili ne ho abbastanza.

Sto ascoltando: Zakk Wylde – Book of Shadows